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Missione 1, Kherson – Report

La prima missione nell’Oblast di Kherson è giunta al termine.

 Domenica 2 aprile insieme a Solidarity Collectives siamo partiti da Kiev carichi del materiale medico-sanitario raccolto in Italia prima della partenza e di attrezzi da lavoro da donare alla popolazione, direzione Odessa dove nel frattempo ci avevano raggiunto i compagni delle Brigate Volontarie per l’Emergenza . 

Trascorsa la prima notte sulle sponde del Mar Nero, abbiamo incontrato i ragazzi di Mutual Aid Odessa, un collettivo di mutuo soccorso che si occupa principalmente di aiutare persone che vivono per strada e di creare network solidali di mutuo aiuto nel sud dell’Ucraina. 

Lunedì 3 aprile la sveglia suona all’alba per ripartire in direzione di Mycolaiv, capoluogo dell-omonimo Oblast. Il territorio contava quasi mezzo milione di persone prima dell’invasione, durante la quale è stato fortemente e continuamente colpito da massicci bombardamenti, che hanno portato più della metà della popolazione ad andarsene. Con il ritiro dei russi sulla sponda orientale del Dnipro la città ha ritrovato un po’ di normalità ma comunque il nostro arrivo viene accolto dalle sirene antiaree, in generale Il sud si presenta diversamente rispetto a Lviv e Kyiv, i posti di blocco dell’esercito si intensificano e i controlli sono più rigidi, ci sono trincee scavate ovunque nelle periferie delle città, barriere anticarro e fortificazioni spuntano ad ogni angolo, oltre ovviamente a uomini e mezzi militari che si spostano di continuo.

La tappa in città è breve la prima mattina, giusto il tempo di incontrare i ragazzi della città con cui ripartiamo subito in direzione dei villaggi nell’Oblast di Kherson a meno di mezz’ora dalla linea del fronte.

Luch e Posad-Pokrovs’ke sono i primi due villaggi in cui ci dirigiamo lungo il confine tra le regioni di Mycolaiv e Kherson: per lunghi mesi sono stati teatro degli scontri diretti tra i due eserciti, e lo scenario che ci troviamo davanti è desolante. Alcune decine di persone continuano a restare nonostante le case distrutte, le strade bucate dai missili, i campi completamente minati e che per tanti anni resteranno inagibili, nessun servizio rimasto sul territorio. I rimasti sono principalmente anziani, nessun bambino, le scuole sono completamente distrutte perché venivano utilizzate come basi dai soldati. Al centro del villaggio di Luch delle scale strette portano all’interno di un vecchio rifugio nucleare sovietico: ci raccontano che durante i bombardamenti a decine si stringevano per interi giorni in uno spazio largo poco più per quattro letti. L’accoglienza è calorosa, e ammetto un po’ inaspettata: ci viene offerto un the caldo con i biscotti, sorrisi e abbracci.

 Dopo aver consegnato gli strumenti da lavoro e il resto del materiale, ripartiamo verso Posad-Pokrovs’ke, pochi kilometri più avanti ma dall’altra parte del confine tra le due regioni. Il piazzale è pieno di bancali di legname arrivato dall’Unione Europea, con gli attrezzi da lavoro che stiamo consegnando e che finalmente potrà essere utilizzato per ricostruire le case: sicuramente una situazione provvisoria, ci vorranno decine d’anni per la ricostruzione, e quella delle case è solo una piccola parte da ricostruire quando un intero popolo è distrutto psicologicamente. Per non dimenticare che questa regione è rivendicata dalla Russia come nuovo territorio inglobato nella Federazione, e quindi la guerra potrebbe tornare.

Il giorno successivo è la volta di Kherson città, tagliata dal fiume Dnipro e occupata dai russi fino al novembre del 2022, ritornata sotto il controllo delle forze armate ucraine dopo il ritiro sulla sponda est del fiume delle forze d’invasione. Superato il checkpoint d’ingresso facciamo tappa all’iconico monumento con il nome della città per la foto di rito. Qui incontriamo per puro caso il sindaco di Lviv che ci ringrazia per la nostra presenza e il continuo aiuto che viene dall’Italia. Kherson è una città fantasma, negozi barricati con assi di legno, nessuno in giro se non qualche persona che si sposta velocemente da un punto a un altro. In sottofondo il boato continuo delle esplosioni. Qui i due eserciti si affrontano notte e giorno a colpi di mortaio da una riva all’altra, ininterrotti, quando partono sembrano lontano, quando arrivano invece trema la terra sotto i nostri piedi. Ci dirigiamo all’ospedale dove il primario ci attende per ritirare il materiale raccolto e portato fino a lì con il progetto Giuditta Rescue Car.

 La visita è veloce e ripartiamo con un obiettivo diverso: insieme a noi c’è un ragazzo che in passato ha lavorato a Kherson, aveva molti amici prima della guerra, alcuni sono scappati, altri sono morti, qualcuno è ancora lì e di qualcun altro non ha più notizie. Veniamo accolti a braccia aperte dalla mamma e dalla nonna di un suo vecchio compagno di scuola, sono più di dieci anni che non si vedono ma lui non c’è perché vive altrove. Vivono in una piccola casetta di un piano con un orto rigoglioso, con cui preparano conserve di ogni tipo che troviamo in ogni angolo della casa, barattoli su barattoli di sotto aceti e verdure di ogni tipo con cui ci preparano un pranzo che non dimenticheremo mai, a Kherson, sotto le bombe. 

Ripartiamo, questa volta andiamo a cercare una anziana signora di cui non si hanno più notizie, non risponde al telefono, purtroppo nemmeno al citofono, la casa è vuota. Qualche palazzo attorno è crollato, un altro ha ancora il missile infilato in una camera da letto. Non ci scoraggiamo, potrebbe essere andata via, i combattimenti in città sono stati davvero pochi durante l’occupazione, e non ci sono stati per il ritiro volontario delle truppe russe. 

Una parte di noi passa la notte in città, gli altri rientrano a Mycolaiv prima del coprifuoco, che qui essendo sulla linea del fronte, inizia alle 20.

Il giorno dopo ci ricongiungiamo con il resto del gruppo per un ultimo saluto prima che una macchina riparta per Kyiv, mentre noi continuiamo il nostro tour nei villaggi, consegnando altri strumenti da lavoro e cibo per animali. 

A Mycolaiv invece incontriamo una donna che al momento vive con suo figlio di 4 anni in una scuola allestita a rifugio per gli sfollati. Tra qualche mese però la donna dovrà abbandonare questo posto per permettere che possa tornare alla sua funzione iniziale: questo significa dover cercare un altro posto, pagare un affitto…. Ma la donna a causa della guerra ha perso tutto: la casa, il lavoro…. Il giorno dopo ci accompagna nel suo villaggio, sempre nell’Oblast di Kherson, ci mostra la sua casetta di cui ora rimane solo un cumulo di macerie. Poco lontano una squadra di operai sta provando a sistemare la rete elettrica, il problema però è che tutti i campi attorno ai villaggi sono completamente minati, rendendo impossibile per i prossimi dieci anni ogni ritorno.

La missione è quasi giunta al termine, quasi perché anche per le brigate volontarie è arrivato il momento di tornare indietro, io invece resterò a Mycolaiv ancora qualche giorno insieme ai ragazzi del posto con cui abbiamo continuato a recuperare attrezzi per i villaggi nei mercati popolari della città. Questi ragazzi inoltre svolgono un lavoro incredibile, che è la ragione per cui ho deciso di fermarmi ancora qualche giorno insieme a loro: sono ingegneri, al momento senza lavoro, e dedicano ogni giorno, ogni risparmio e tutte le loro competenze per aiutare il proprio popolo costruendo attrezzature per lo sminamento dei campi. 

Sono stati giorni intensi e carichi di energie positive, nonostante il contesto in cui ci trovavamo. Il lavoro da fare è ancora tanto, ma vedere la macchina della solidarietà operativa e che coinvolge ogni persona che si incontra ci ha fatto capire di essere nel posto giusto e che il nostro impegno deve continuare.

Per chi volesse contribuire a sostenere i diversi progetti qui elencati può donare e invitare altri a farlo nella sezione SOSTIENI del sito:

  • Acquisto strumenti da lavoro
  • Distribuzione cibo per animali
  • Sostegno economico ai distributori di acqua nei villaggi (purtroppo a causa di un ritardo non siamo riusciti a lavorare con loro, ma li abbiamo incontrati e conosciuti)
  • Sostegno economico al team di ingegneri
  • Spese viaggio/carburante
Giuditta Rescue Car