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Missione emergenza diga, Report

Durante la notte di martedì 6 ci trovavamo a Kryvyj Rih, da cui il giorno dopo avremmo raggiunto la città di Dnipro dove ci saremmo dovuti fermare qualche giorno, ma la notizia della distruzione della diga ha stravolto i nostri piani. Appena svegli ci siamo subito messi in contatto con i nostri amici di Kherson con cui ormai da diverse settimane avevamo stretto una forte collaborazione per la ricostruzione e distribuzione di beni di prima necessità, in città gestiscono un hub che oltre a dare rifugio a decine di famiglie si occupa di aiutare tutte le persone che vivono sul fronte del Dnipro. Era facile immaginare la grandezza dell’emergenza che ci trovavamo davanti, e consapevoli del gran caos delle prime ore decidiamo di attivare subito una raccolta fondi e di proseguire il viaggio fino a Dnipro per poi la mattina dopo ripartire e tornare a Mykolaiv, il nostro punto base. Recuperata Margarita, la nostra compagna soccorritrice e traduttrice, con i soldi raccolti compriamo tutto il necessario per unirci ai soccorsi: dall’attrezzatura per intervenire in acqua ai beni di prima necessità da distribuire nei villaggi alle persone che avevano perso ogni cosa.

Giovedì 8 la sveglia è presto e ci mettiamo subito in viaggio in direzione di Kherson. Alla stazione di servizio la situazione che ci troviamo davanti ci scalda subito il cuore: centinaia di volontari da ogni parte sono in coda per fare colazione prima di una giornata che si prospetta molto intensa ma l’umore è positivo e galvanizzante. Dopo aver atteso sotto il sole il nostro turno al check point d’ingresso riusciamo a entrare in città, raggiungiamo i nostri amici ma non hanno tempo per noi, ci indicano una zona e ripartiamo subito. Il rumore delle esplosioni è continuo, raggiunto il fiume diventa sempre più insistente, per i russi i soccorsi sono un bersaglio, ci infiliamo i giubbotti antiproiettile e via di corsa da una parte all’altra della periferia nord della città. La difficoltà iniziale che incontriamo e l’assenza di un coordinamento per i volontari, non ci sono organizzazioni internazionali come Croce Rossa o le Nazioni Unite, mentre una grossa parte dei soccorsi e in mano all’esercito ucraino noi ci organizziamo dividendoci le zone con le altre squadre di volontari. Molte strade non esistono più perché sommerse dall’acqua, dopo diversi tentativi riusciamo a raggiungere il villaggio di Sadove dove il fiume Inhulec incontra il Dnipro. Qui più di 60 abitazioni sono state completamente allagate, preparato il gommone entriamo in acqua insieme ad un abitante che ci guida con la sua barca. Lo scenario è apocalittico: colonne di fumo si innalzano intorno a noi mentre navighiamo tra le case sommerse, cercando se è rimasto qualcun da salvare una casa dietro di noi cede e crolla nell’acqua. Riusciamo a recuperare dei gatti rifugiati sopra i tetti mentre altre squadre si sono occupate di altri animali. Le 18 sono l’orario massimo per rientrare perché gli scontri tra le artiglierie si intensificano verso sera, lasciamo una idrovora, cibo e acqua agli abitanti prima di rientrare a Kherson. Nonostante le notizie di soccorritori feriti l’entusiasmo per la giornata è alto e poco prima del coprifuoco ripartiamo per Mykolaiv.

Venerdì 9 per evitare di rimanere imbottigliati nel traffico di ingresso per Kherson decidiamo di prendere una strada alternativa e controllare i villaggi sul fiume Inhulec mentre scendiamo verso il Dnipro. Qui l’acqua ha risalito il fiume per decine e decine di kilometri isolando completamente interi villaggi e rendendo complicato il passaggio da una riva all’altra. Partiamo da Afanasiivka, un piccolo villaggio su una penisola divenuta isola, l’unico modo per raggiungere il paese è con le barche e l’esercito si occupa di tenere attivo il collegamento, lasciamo cibo e acqua da consegnare alla popolazione e ripartiamo. Così proseguiamo per diversi villaggi distribuendo aiuti e portando in salvo diversi animali tra cani e gatti. Il paradosso di questa situazione è che il bene principale richiesto sia l’acqua perché gli acquedotti non funzionano più e l’acqua presente nei fiumi è inquinata e non più potabile. Avvicinandoci alla città di Kherson al checkpoint veniamo messi in guardia perché la giornata è molto pericolosa: i missili cadono da tutte le parti e mentre a massima velocità ripartiamo per Sadove attraversiamo un banco di fumo nero di un missile appena caduto affianco alla strada. Una altra giornata piena si conclude con successo, dopo aver consegnato gli animali alle organizzazioni più grosse, una nuova amica a quattro zampe torna a casa con noi.

Sabato 10 la sveglia risuona presto e si riparte per una terza giornata di lavoro ma questa volta la situazione è completamente diversa, ai check point la fila e diminuita e i controlli sono meno serrati, anche i soldati sono più rilassati, molto probabilmente lo scontro dei giorni prima e l’inondazione anche dell’altra sponda ha portato i russi ad indietreggiare permettendo di lavorare un po’ più in tranquillità nonostante le esplosioni non si fermino quasi mai. Il nostro viaggio prosegue negli stessi villaggi dei giorni prima per completare il lavoro iniziato distribuendo il materiale richiesto dalla popolazione e portando via gli animali rimasti senza casa o di cui non possono più prendersi cura. Durante la giornata ci rendiamo conto che il livello dell’acqua piano piano sta iniziando ad abbassarsi, ma per poter gestire tutta l’acqua servirà ancora molto tempo.

La distruzione della diga lascerà un segno ancora più indelebile in un territorio già martoriato da più di un anno di guerra, sia da un punto di vista umano che ambientale. Molti dei villaggi allagati fino a qualche mese fa si trovavano sotto occupazione russa, l’esasperazione tra la popolazione è altissima, la guerra rendeva già difficile ritrovare una condizione di normalità ora non ci sono più le condizioni per vivere: l’assenza completa di acqua potabile, di energia elettrica, terreni contaminati da una acqua piena di agenti chimici come carburante e altre sostanze tossiche, e le mine che tornano a galla o esplodono per la pressione dell’acqua. Nella parte occupata dai russi i soccorsi sono completamente assenti e ci viene raccontato che se qualcuno prova ad aiutare la popolazione rischia l’arresto. Nonostante tutto questo gli abitanti hanno voglia di ricominciare e ricostruire per non abbandonare la propria terra e darla vinta ai russi.

Grazie a tutte le donazioni ricevute abbiamo acquistato e donato:

  • due idrovore
  • un gommone
  • giubbotti di salvataggio
  • tute impermeabili
  • igienizzanti e disinfettanti
  • cinque gabbie per animali
  • cibo per animali (più di 100kg)
  • medicine
  • acqua potabile
  • beni di prima necessità (cibo e indumenti puliti)
  • benzina per più 800 km percorsi in 3 giorni

Tutto il materiale utilizzato è stato poi consegnato e lasciato a disposizione per la popolazione locale.

Grazie a tutte e tutti, viva la solidarietà internazionale!