Siamo partiti la mattina del 25 aprile per rientrare a Kyiv al tramonto del 26 dopo aver percorso più di 1300 km in sella alla nostra Giuditta, una missione rapida che consisteva nella consegna di cibo e medicine per animali, per un totale di 200 kg, in un luogo che non possiamo rivelare, dove gli animali provenienti dalle zone coinvolte dal conflitto avevano trovato rifugio. Dopo aver concluso la missione siamo ripartiti in direzione della città di Zaporizhzhia, nome ormai noto al mondo perché nella omonima regione si trova la più grande centrale nucleare al momento occupata e sotto il controllo dell’esercito russo. La città in realtà si presenta a noi in una normalità che personalmente non mi aspettavo. Essendo anche essa molto vicina alla linea del fronte, mi aspettavo di trovare una situazione molto simile a Kherson, invece siamo stati subito travolti dal classico traffico di città, con negozi aperti e le persone nei locali a fare aperitivo prima del coprifuoco. Una normalissima serata “milanese” ai tempi del covid, ma calato definitivamente il sole la situazione inizia a cambiare. Partono le prime sirene e le strade pian piano si svuotano, anche noi torniamo nell’appartamento in cui abbiamo trovato rifugio per la notte. Mentre fumiamo l’ultima sigaretta prima di dormire in compagnia del nostro nuovo compagno di viaggio, un soldato bielorusso dissidente che tornerà con noi a Kyiv, iniziano le prime esplosioni, poi i colpi del sistema di difesa antiaereo. La città è buia e dalla nostra finestra non abbiamo la visuale su quello che sta succedendo. Ripartono le sirene e ancora esplosioni. Ci infiliamo nel letto con il ronzio dei droni che ci passano sopra la testa. Nella giornata del 25 aprile sono state più di cento le città, villaggi e insediamenti ucraini colpiti dall’esercito russo, nell’Oblast di Zaporizhzhia fortunatamente non si sono contati ne morti ne feriti, ma non è stato lo stesso per le altre regioni. La mattina dopo ci svegliamo con le sirene d’allarme di sottofondo, la città continua a essere bersaglio dell’artiglieria nemica. Dopo un cambio veloce di una ruota a Giuditta, esausta dopo i troppi colpi subiti lungo le strade disastrate del fronte (e non solo, in generale le strade non sono messe bene in tutto il paese), ripartiamo per rientrare alla base.
Lungo il viaggio riceviamo la notizia del ferimento di un giornalista italiano a Kherson, Corrado Zunino, e successivamente leggiamo che il suo compagno invece è morto colpito da un cecchino dall’altra sponda del Dnipro. Questa descritta è la cronaca quotidiana qui in Ucraina, dove ogni giorno milioni di persone resistono per affermare il diritto di esistere.
Un ringraziamento speciale a tutte le persone che hanno donato e sostenuto questa missione, permettendo di raccogliere più di 500 dollari che sono stati utilizzati per l’acquisto del materiale.