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Missione 3, Maggio – Report

Domenica 7 maggio sono partito da Kyiv in direzione di Odessa, dove era in programma una iniziativa solidale per conoscere il lavoro svolto da Mutual.Aid.Ods, un piccolo collettivo locale che dall’inizio dell’invasione si prende cura dei senzatetto della città. Durante la notte non sono mancate le sirene d’allarme seguite da forti esplosioni che hanno coinvolto il magazzino della Croce Rossa Internazionale costringendo a interrompere il loro lavoro di intervento nella regione, fortunatamente nessuna persona è rimasta coinvolta nell’attacco. La mattina seguente abbiamo preparato 7/8 kg di pasta al sugo, thè e caffè caldi in thermos che ho donato ai ragazzi, da distribuire a una 50ina di senzatetto (i numeri in tutta la città però sono molto più alti) nel piazzale di fronte alla stazione. Questo momento d’incontro, molto apprezzato, mi ha permesso di conoscere una realtà che in parte già conoscevo per esperienze pregresse in Italia, ma in un contesto completamente diverso come quello della guerra. Molte delle persone che vivono per strada sono rifugiati e sfollati interni che a causa del conflitto hanno perso tutto, dalla casa al lavoro, ad amici, parenti… e si sono ritrovate completamente sole, dovendo arrangiarsi in una situazione già di per se molto complessa. Dopo la distruzione del magazzino della CRI, sono sempre meno le organizzazioni presenti sul territorio, molto lavoro viene svolto dalla chiesa ortodossa e dalle associazioni religiose, mentre i compagni autorganizzati non avendo un magazzino o una sede sono costretti a ridimensionare il loro lavoro limitandolo allo stretto necessario. Per Mutual.Aid.Ods avere uno spazio dove poter lavorare, stoccare il materiale da distribuire, preparare un piatto caldo e molto altro sarebbe davvero utile in vista dell’inverno da affrontare.

Martedì 9 sono ripartito alla volta di Mykolaiv dove mi sono ricongiunto con i miei amici artisti conosciuti durante la prima missione sempre qui nel sud dell’Ucraina, hanno un laboratorio dove realizzano opere con i residui della guerra, e attraverso la vendita portano avanti un lavoro umanitario sul territorio.

Mercoledì 10 ci siamo diretti a Kherson a consegnare cibo in un hotel autogestito che ospita decine e decine di rifugiati tra cui famiglie intere con bambini piccoli. La situazione in città è sempre la stessa, il rumore dei colpi esplosi che arrivano o partono da una riva all’altra del fiume Dnipro è continuo. La città usciva da 3 giorni di lockdown totale, e a differenza dell’ultima volta che avevamo trovato una città fantasma, per le strade c’erano decine di persone a recuperare un po’ di cibo per poi ritornare nelle abitazioni. Kherson rimane un fronte caldo con una tensione continua palpabile, nelle settimane precedenti c’erano stati decine di morti tra i civili dopo che l’esercito russo aveva colpito un centro commerciale, per questo motivo la nostra presenza è stata rapida, dopo un borsh caldo offerto dalla mensa dell’hotel, siamo ritornati a Mykolaiv.

Nel frattempo sono stato contattato da un gruppo di Kyiv che stava preparando una missione di evacuazione di persone e animali da uno dei fronti più caldi (essendo ancora un luogo ad alto rischio non posso rivelare la posizione), per la barriera linguistica ed essendo la prima volta in una missione di questo tipo molto complessa, ho seguito le squadre di evacuazione animali. Per me era molto importante partecipare perché fare evacuazione era uno dei motivi principali per cui ho deciso di venire qui in Ucraina, consapevole del rischio e del tipo di preparazione necessaria per svolgere questo lavoro. Così dopo centinaia di km percorsi ho raggiunto la mia squadra, la missione si è conclusa con successo, portando in zone sicure decine e decine di animali domestici. I rischi sono molto alti, per accedere a queste aree bisogna passare diversi posti di blocco dell’esercito prima di arrivare nei villaggi che si trovano a un km dai territori occupati, ed essendo nelle regioni rivendicate dalla Russia come propri territori sono pronti a essere invasi da un momento all’altro, resistenza permettendo. La popolazione è principalmente anziana e difficilmente vuole andarsene perché quella è la loro casa e altrove non saprebbero dove andare, i militari sono ovunque e il silenzio di un villaggio quasi deserto è continuamente interrotto dal rumore della guerra, che all’inizio ti prende di sobbalzo ma tra l’adrenalina e i volti ormai consumati e impassibili di quelle persone che da più di un anno resistono sotto le bombe, ci fai l’abitudine.

Finita la missione ho fatto ritorno a Mykolaiv, dove nel frattempo ci aveva raggiunto una compagna istruttrice di Medicina Tattica e Primo Soccorso, con cui mercoledì 17 abbiamo fatto la prima lezione dove insieme ad alcuni abitanti di Mykolaiv abbiamo imparato: a riconoscere i danni, rischi e tipi di intervento; a usare i Tourniquet, lacci emostatici tattici fondamentali per salvare una vita; come fermare il sangue in una ferita d’arma da fuoco; i vari tipi di bendaggi; e le tecniche di evacuazione dei feriti nelle zone di combattimento. Queste nozioni sono indispensabili per poter svolgere il lavoro di evacuazione, e importanti in qualsiasi tipo di intervento nelle zone di emergenza.

Il giorno dopo, giovedì 18 ci siamo diretti verso i villaggi tra Mykolaiv e Kherson, dove il mese scorso avevamo distribuito attrezzi da lavoro per la ricostruzione. Portando con noi sempre aiuti da distribuire, abbiamo incontrato la popolazione per raccogliere informazioni su bisogni ed esigenze da affrontare, per capire che tipo di intervento possiamo costruire oltre alla distribuzione di aiuti umanitari. Il problema della ricostruzione persiste, ma sono diversi i motivi che rendono difficile poter tornare a vivere in questi territori, oltre al problema enorme delle mine disperse ovunque intorno ai villaggi che richiederà diversi anni per un completo sminamento del territorio, l’altro grosso problema è l’assenza di acqua. L’intero ‘Oblast di Mykolaiv veniva rifornito tramite un acquedotto proveniente da Kherson con l’acqua del Dnipro ma che durante l’occupazione è stato completamente distrutto e non ancora riparato del tutto.
Nei prossimi giorni torneremo in questi villaggi con una prima parte di aiuti e materiale e capiremo insieme alla popolazione come strutturare il lavoro da fare.

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Descrizione causale: Una ambulanza per l’Ucraina